Le storie di Napoli di nonno Arturo.
«Nonno, ma allora oggi mi porti a vedere la chiesa che sta di fronte a Pulcinella, al vico Fico…»
«...al Purgatorio. Esatto. Dove si coltiva il culto delle Anime Pezzentelle. Te l’avevo promesso, no?»
Proseguendo lungo via Tribunali, nonno e nipote arrivano davanti alla chiesa.
«Questa è la Chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco, o più semplicemente detta del Purgatorio ad Arco.» Si fermano a guardare la facciata dell’edificio. «È in stile barocco e fu eretta nella prima metà del ‘600. Viene detta “ad Arco” perché qui, sul decumano maggiore, c’era un torrione di epoca romana o forse alto medioevale detto torre ad Arco perché aveva alla base quatto aperture ad arco che consentivano il passaggio.»
«E dov’è?»
«Fu demolito tra il cinque e il seicento, ma ha dato il nome a tutta la zona intorno. Sotto c’era la sede del Seggio d’Arco, una suddivisione minore del sedile di Nilo. Ti ricordi cos’erano i Sedili?»
Peppeniello annuisce, ma il suo sguardo è sui tre teschi bronzei poggiati davanti la chiesa su
altrettante colonne paracarro. Poi alza la testa. «Uà, nonno! E che è? Tutt’ossa e cape ‘e morte?»
Il ragazzo indica i motivi decorativi del frontale della chiesa raffiguranti teschi ed ossa nei fregi, sul portale e nelle nicchie laterali.
«Allora, devi sapere che la chiesa fu eretta su iniziativa di alcune famiglie nobili napoletane con l'intento di realizzare un luogo di sepoltura per le persone povere della città.»
«E non c’erano i cimiteri per questo?»
«No. In una città come Napoli, chiusa dentro le sue mura e con il divieto di costruire fuori di esse, non si poteva certo sprecare suolo per i morti! I primi cimiteri cominciarono a essere costruiti solo verso la fine del 1700, inizi 1800. A Napoli il primo fu quello chiamato delle 366 fosse a Poggioreale nel 1762. Fino ad allora i morti, se appartenevano a famiglie importanti, venivano sepolti nelle chiese, in apposite nicchie e sepolcri, nel pavimento e nelle pareti, o sotto gli altari, per questo le chiese sono piene di lapidi e iscrizioni. Le famiglie più ricche finanziavano la costruzione delle chiese anche per costruirsi a loro volta la loro cappella di famiglia. I poveri invece, grazie all’opera delle Congreghe come quella che ha costruito questa chiesa, finivano nelle cosiddette terre sante, sotto le chiese. Altrimenti venivano sepolti nelle cavità di ospedali, chiese e grotte come la grande cavità che stava sotto l’ospedale degli Incurabili.»
«E che c’entra il Purgatorio?»
«Come sai il Purgatorio è un concetto legato alla dottrina cristiana, secondo cui non tutte le anime finiscono in Paradiso o all’Inferno, ma restano lì in attesa fino alla resurrezione dei corpi e al giudizio universale. Tutto questo,» Arturo indicò l’insieme delle decorazioni del frontale, «e quello che c’è dentro, mò ti faccio vedere, serviva a ricordare a passanti e fedeli di recitare una preghiera per queste anime sofferenti. Dai, entriamo.»
Salita la piccola scalinata, nonno e nipote vengono avvolti dalla penombra e dal silenzio ovattato della chiesa, tra marmi, dipinti e sculture.
«Questa è la chiesa superiore.» Arturo tiene basso il tono della voce. «Ha una sola navata con tre cappelle per lato. Guarda, ci sono sculture lignee di ignoti maestri napoletani e opere di insigni artisti del ‘600 Napoletano, come Andrea Vaccaro, Massimo Stanzione, Luca Giordano…»
Peppeniello si gira a guardare Arturo. «Tutte le strade del Vomero!»
Arturo sorride e annuisce. «Tutte opere che richiamano il tema del Purgatorio. Mò ti faccio vedere una cosa.»
Si portano in fondo dietro l’altare e sotto la tela raffigurante La Madonna delle anime purganti Arturo mostra una scultura in marmo raffigurante un teschio con le ali. «Questo è detto il teschio alato, simbolo di questa chiesa in quanto sintetizza il concetto della morte seguita dalla resurrezione.»
Peppeniello fissa le orbite vuote della scultura. «Chiesa superiore, hai detto? Allora c’è pure quella inferiore?»
«Esatto. La chiesa fu costruita appositamente sui resti di un’antica taverna per sfruttare anche le sue cantine. Andiamo a vedere, però t’avverto. Lì i teschi non sono di marmo.»
Peppeniello fa spallucce e si avvia con il nonno verso la scala che avevano visto a sinistra dopo l’ingresso.
L’ambiente sottostante è più o meno grande come la chiesa superiore, con un pavimento in maioliche e un altare sormontato da una grande croce nera semplicemente dipinta, due cappelle ai lati con dei loculi e al centro una catena sorretta a quadrato da alcuni sostegni in ferro, con al centro fiori e lumi accesi. Spoglia e disadorna, come in Purgatorio...
«Qui si dava sepoltura alle cosiddette anime pezzentelle…»
«Perché erano pezzenti, cioè poveri?» Chiese Peppeniello.
«Ehm, diciamo di si, viene dal latino petere cioè chiedere, rivolgersi a qualcuno, come fanno i poveri…» Arturo indica il quadrato al centro del locale. «Lì c’è una grande tomba comune, anonima, che accoglieva le spoglie di tutti quelli che come ti ho detto non si potevano permettere di stare in chiesa. Andiamo di qua.»
Peppeniello segue il nonno lungo un corridoio posto nell’angolo a sinistra, ornato con i resti di diversi teschi, fino a trovarsi in un secondo ambiente, dove sono conservate ovunque decine di teschi.
«Questo è l’ipogeo e sotto c’è anche un ossario.» Dice Arturo. «Adesso però ti parlo di Lucia.»
Si avvicinano, in fondo alla sala, a una nicchia votiva dove è esposto un teschio incoronato con un velo da sposa e una coroncina, con intorno diversi ceri, ex-voto d’argento ed offerte.
«Tutto quello che vedi è legato all’abitudine ultra secolare dei napoletani di adottare dei resti anonimi di gente morta, soprattutto crani, trovati nelle catacombe o appunto in questi ipogei, dargli un nome e prendersene cura in cambio di protezione, offrendo fiori e lumini, cuscini ricoperti di rosari e altri ex voto e soprattutto pregando per loro. Si dice che così uno arrefresca ‘e ll’anime d’o priatorio.»
«E quella è Lucia?» Peppeniello indicò il teschio ricoperto da un velo nella nicchia.
«Almeno così è stata chiamata. La leggenda si basa su un fatto accaduto nel ‘700, secondo cui la figlia diciassettenne di un nobile napoletano morì di tisi subito dopo il matrimonio e che il padre fece seppellire qui. Di questo però non c’è alcuna testimonianza documentale. Alcuni narrano invece che si trattasse di una nobile fanciulla morta per amore di un giovane del popolo, altri di una popolana morta per amore dello sposo pescatore. Sta di fatto che la commozione che l’evento suscitò tra le spose e le mamme del quartiere della Pietrasanta e del Purgatorio ad Arco avviò questa sorta di pellegrinaggio e devozione, dando vita alla leggenda della principessa Lucia, considerata la protettrice delle giovani spose e anima mediatrice per preghiere e invocazioni soprattutto da parte delle donne in cerca di marito.»
Peppeniello fece una strana espressione e scosse la testa «Nonno, io però, se mi sposo, a mia moglie non la porto qua.» Guardò Arturo, lo sguardo un poco triste. «Andiamo, va, che mi sento un po' di freddo… nelle ossa!»
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